Descritta anni fa da un Cancelliere dello Scacchiere come "il peggio delle due parole",1 , la "stagflazione" era un concetto poco noto fuori dagli ambienti accademici e dal mondo della finanza.

Definita come periodo di crescita economica lenta o di stagnazione accompagnato da un'inflazione elevata, questa dolorosa congiuntura economica non si ripresentava sulla scena da molti anni. Anche dopo la crisi finanziaria mondiale del 2008, non vi è stata vera e propria inflazione2 e la crescita dell'economia è stata relativamente sana, sebbene non particolarmente vigorosa.3

Ma il mutato contesto economico degli ultimi tempi alimenta il timore del profilarsi di un nuovo scenario di stagflazione. Circa due terzi (65%) degli investitori istituzionali interpellati in una recente indagine condotta da Natixis la inseriscono tra i loro motivi di preoccupazione.4

Anche tra i gestori di fondi comincia a serpeggiare un certo nervosismo. A marzo, l'88% circa dei gestori consultati nella prestigiosa Fund Manager Survey realizzata dalla Bank of America prevedeva uno scenario di stagflazione entro i 12 mesi successivi.5

Come appena accennato, la stagflazione si verifica quando l'inflazione è alta o in aumento, la crescita economica è lenta o in fase di stallo e la disoccupazione si mantiene ostinatamente su livelli elevati. Un paio di fattori concorrono al sommarsi di queste condizioni fino a creare un contesto di stagflazione.

Uno dei principali fattori scatenanti è la crisi dell'offerta. In passato, questa condizione è stata innescata dal rapido aumento dei prezzi del petrolio. L'impennata del prezzo del petrolio può causare un rallentamento della crescita economica perché il costo dell'energia erode i profitti e rende più costoso produrre.

Un altro fattore scatenante decisivo è rappresentato da una politica governativa inadeguata. Per esempio, una regolamentazione più rigida dei mercati, delle merci e della manodopera può peggiorare l'inflazione o ripercuotersi in modo più profondo sulla crescita economica.

I governi e le banche centrali possono però avere difficoltà a impedire o a controllare la stagflazione, perché molti degli strumenti di politica di cui dispongono per combattere, per esempio, una disoccupazione elevata possono inasprire l'inflazione e viceversa.

In un simile contesto, gli investitori potrebbero vedersi costretti a cercare di proteggere il proprio portafoglio selezionando i titoli6 e diversificando maggiormente in ambiti quali gli asset alternativi7 o i "beni rifugio" come l'oro.8
I timori di una possibile stagflazione sono affiorati inizialmente sulla scia della pandemia di Covid-19, quando si è iniziata ad avvertire la crisi delle catene di approvvigionamento - in particolare dei semiconduttori - nei settori tecnologici che avevano trainato i mercati e la crescita economica per gran parte del decennio scorso.

Queste preoccupazioni si sono acuite in concomitanza con la fine dei generosi stimoli per l'economia introdotti durante la pandemia e con i primi tentativi di riportare i tassi d'interesse alla normalità dopo oltre dieci anni di livelli ultrabassi. Poi, nel 2022, i mercati dell'energia sono finiti in testacoda quando Stati Uniti, Regno Unito, Unione Europea e altri paesi hanno introdotto le sanzioni contro la Russia in seguito all'invasione dell'Ucraina.

Dunque tutti gli ingredienti necessari per una stagflazione sono presenti da un certo tempo. Tuttavia, il contesto macroeconomico fa sì che molti degli strumenti di cui le banche centrali e i paesi possono normalmente avvalersi per combattere la stagflazione siano fuori portata o politicamente impraticabili.
Per ricordare l'ultima volta in cui la stagflazione è stata un problema bisogna risalire agli anni Settanta del secolo scorso, cioè all'epoca della disco music e dei pantaloni a zampa di elefante.

Nel 1973 l'economia mondiale fu colpita da una crisi dell'offerta di enormi enormi proporzioni, quando l'OPEC, il cartello guidato dall'Arabia Saudita, decretò l'embargo petrolifero nei confronti dei paesi che sostenevano Israele contro l'Egitto nel conflitto arabo-istraeliano. La conseguenza fu un'impennata dei prezzi che si verificò in una fase di relativa scarsità della disponibilità monetaria in paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito, condizione che potrebbe avere alimentato ulteriormente l'inflazione.

Nel tentativo di domare l'inflazione mentre l'economia riprendeva a crescere, alcuni paesi e banche centrali reagirono iniziando ad alzare i tassi, che rimasero alti anche durante gli anni Ottanta.9

Nella storia si possono individuare altri periodi di stagflazione, anche se non esisteva ancora un termine ufficiale per descrivere il fenomeno.

Per gli investitori, uno degli indicatori più evidenti dell'esistenza di un rischio di stagflazione si ha quando l'inflazione sale o sembra destinata a rimanere alta per lungo tempo, situazione che abbiamo vissuto, per esempio, nel 2023.

Negli ultimi mesi, il rialzo dei prezzi dell'energia e la crisi della logistica hanno determinato un ulteriore aumento generalizzato dell'inflazione, mentre i prezzi sono rimasti caparbiamente alti in molte regioni del mondo. Ciononostante, le banche centrali - dalla Federal Reserve alla Bank of England, fino alla Banca Centrale Europea - continuano a contrastare l'inflazione intervenendo sui tassi d'interesse.

Il famoso economista Nouriel Roubini, soprannominato "Dottor Catastrofe" per avere pronosticato la crisi finanziaria mondiale del 2008, ritiene che i mercati potrebbero essere già entrati nella "grande stagflazione"; Roubini sostiene infatti che i mercati "saranno caratterizzati da instabilità e da una lenta confluenza di crisi negative dell'offerta".10

Molti commentatori Per gli investitori, uno degli indicatori più evidenti dell'esistenza di un rischio di stagflazione si ha quando l'inflazione sale o sembra destinata a rimanere alta per lungo tempo, situazione che abbiamo vissuto, per esempio, nel 2023.

Negli ultimi mesi, il rialzo dei prezzi dell'energia e la crisi della logistica hanno determinato un ulteriore aumento generalizzato dell'inflazione, mentre i prezzi sono rimasti caparbiamente alti in molte regioni del mondo. Ciononostante, le banche centrali - dalla Federal Reserve alla Bank of England, fino alla Banca Centrale Europea - continuano a contrastare l'inflazione intervenendo sui tassi d'interesse.

economici invitano a concentrare gli sforzi sulla lotta all'inflazione prima di tentare di rimettere in moto l'economia. È il caso di Mohamed El-Erian, chief economic advisor della compagnia di assicurazioni Allianz ed ex chief executive della società di gestione finanziaria PIMCO. Di recente, El-Erian ha consigliato alla Federal Reserve di non allentare la presa sulla riduzione dell'inflazione e di non cedere alla pressione tagliando i tassi.11

"L'allarme rosso che si è acceso per il timore di una crisi precipitosa del sistema bancario statunitense (il "contagio finanziario" descritto dagli economisti) è ormai alle nostre spalle" osserva El-Erian, "ma è ancora troppo presto perché i responsabili politici possano decretare che la missione è compiuta".

Continua: "Quella luce rossa si è invece tramutata in arancione intermittente, a causa di un contagio più lento attraverso l'economia, in cui il principale canale di trasmissione (la limitazione del credito per l'economia) fa aumentare non solo il rischio di recessione, ma anche quello di stagflazione".

L'economista statunitense e Premio Nobel Paul Krugman ha tuttavia riconosciuto che "l'estate della stagflazione" dello scorso anno e i cupi avvertimenti sulle misure ritenute indispensabili per combattere l'inflazione non si sono mai avverati.12

“Le voci più pessimiste riguardo all'inflazione si basavano su dati e ipotesi assolutamente chiari" ricorda. "Ma esisteva, ed esiste tuttora, un atteggiamento mentale - che influenza forse gli economisti stessi e certamente gran parte del loro pubblico - che è sempre pronto a considerare qualunque crisi economica come una riedizione degli anni 1970 e ad annunciare una stagflazione imminente".

In realtà, il monito lanciato da Krugman è che, se continuerà a mantenere una politica così restrittiva per contrastare una "stagflazione immaginaria", la Fed potrebbe correre il rischio di incappare in una "inutile recessione".

ll confronto tra diversi modi di pensare genera grandi idee. E le idee portano opportunità.

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GLOSSARIO
  • Mercato rialzista - Rialzo generalizzato del prezzo delle azioni sul mercato, in contrapposizione al mercato ribassista, caratterizzato invece dalla flessione delle quotazioni.
  • Titolo difensivo - Titolo azionario in grado di offrire dividendi e utili stabili a prescindere dall'andamento generale del mercato azionario.
  • Politica restrittiva - Di norma, le banche centrali, come la US Federal Reserve (Fed), perseguono due obiettivi principali: il controllo dell'inflazione e la massima occupazione, che spesso sono però contrastanti. Comunemente si parla di politica "restrittiva" (o "aggressiva") o di politica "morbida" in funzione della posizione assunta dalle banche centrali in materia di politica monetaria in base alle necessità dell'economia in un determinato momento. In un contesto di politica restrittiva, la Fed si concentrerà su interventi tesi ad abbassare o a tenere bassa l'inflazione e, probabilmente, alzerà i tassi d'interesse anche a scapito dell'occupazione. Applicando invece una linea morbida, la Fed cercherà di abbassare i tassi d'interesse o di tenerli bassi, perché una politica monetaria espansiva permette di aumentare la massa monetaria e di sostenere la crescita dell'economia.
  • Ciclo di politica monetaria - Andamento ciclico di aumento e diminuzione della massa monetaria ottenuto mediante l'intervento sui tassi d'interesse o altre misure di stimolo dell'economia.
  • Alleggerimento quantitativo (QE) - Acquisto di grandi quantità di bond nel quadro di una politica monetaria che prevede che la banca centrale acquisti quantità prestabilite di obbligazioni governative, buoni del Tesoro o altri asset finanziari (quali i titoli garantiti da ipoteche) per l'iniezione diretta di liquidità nell'economia e per tenere bassi i tassi d'interesse. Il termine si usa spesso con riferimento specifico al programma di QE attuato dal governo statunitense da dicembre 2008 a ottobre 2014.
  • Soft landing – Moderato rallentamento dell'economia successivo a un periodo di crescita. Quando perseguono un obiettivo di "soft landing", la Fed e le altre banche centrali alzano i tassi d'interesse per frenare l'inflazione. In passato, i cicli di rialzo dei tassi non hanno tuttavia garantito sempre un "soft landing" alla Fed. La probabilità di realizzarlo dipende infatti dalla tempestività d'intervento in materia di politica monetaria.